mercoledì 5 giugno 2013

Death SS: la conferenza stampa per “Resurrection”

Death SS: la conferenza stampa per “Resurrection”
FONTE: METALLUS.IT

La data fatidica si sta avvicinando, il 6 giugno 2013 sarà segnato dalla “resurrezione” discografica dei rinati Death SS. Da quello che abbiamo visto e sentito, la parola “rinascita” non è mai stata più appropriata, per una band che, dopo 30 anni e più di attività, sia riuscita in qualche modo a re-inventarsi recuperando le proprie radici e trasportandole nel 2013 con un album che probabilmente farà fatica a trovare dei rivali in questo annata metallica.
A conclusione del promo day, dopo l’ascolto di “Resurrection” di cui trovate un dettagliato track by track qui e qui, resta il tempo per fare qualche domanda su presente, passato e futuro della band. Buona lettura.



Quanto è stata importante la pressione dei fan dopo tanti anni per farvi andare avanti?

Steve Sylvester E’ stato basilare, il motore che ha portato al ritorno della band. Dopo il trentennio, nel 2007, ho anche pensato di dare un taglio alla cosa, da un lato perché ritenevo concluso un ciclo, dall’altro perché in Italia, aldilà del tornaconto economico che non abbiamo neppure mai cercato, non c’è mai stato quel ritorno vero in termini di visibilità e di soddisfazione. Ho preferito prendermi un periodo sabbatico e concentrarmi in altre direzioni artistiche, quindi con i film e con il libro che è anche stato un taglio con un certo passato molto remoto. Poi ho continuato a vedermi con i ragazzi della band e abbiamo creato queste canzoni che secondo me sono una specie di “Best of” di inediti; ogni brano ha una storia molto importante. Per questo c’è stata la voglia di tornare e il motivo è principalmente il fatto che pensiamo di aver fatto un disco molto valido. Se fosse stato un disco mediocre non saremo mai tornati.

Dopo aver sentito il cd, per la prima volta la definizione horror metal va un po’ stretta. L’album sembra molto più vario con molte sfumature diverse. Da un lato sembra forse un po’ slegato…

S.S. Se ascolti in realtà bene il disco senti che non è slegato. Come dicevo ogni brano fa storia a se e può essere ascoltato separatamente dagli altri. In realtà il legame è creato dal ritorno alle origini che hanno dato vita ai Death SS fin dall’inizio quindi è horrorifico anche questo. Sei brani, metà dell’album, sono legati ad altrettanti horror movie, quindi è horrorifico per quanto riguarda il lato cinematografico. E’ horrorifico per quanto riguarda il rimando ai fumetti degli anni ’70 come la copertina creata da Taglietti. Infine le liriche rimandano sempre al mondo esoterico: nei sei brani legati ai poemi di Crowley questo è evidente, ma emerge anche negli altri brani legati ai film anche se bisogna andare un po’ più in profondità. Tutto questo è un collante, insieme alla produzione molto curata, che fa in modo che l’album non sia slegato come può sembrare ad un primo ascolto. Il fatto poi di avere all’interno più generi musicali lo vedo come un vantaggio.

A livello di impatto magico, la carriera dei Death SS è stata divisa nei sette sigilli, poi conclusi con il trentennale. Questo nuovo capitolo può venire inteso come il primo sigillo di una nuova era o come va interpretato?

S.S. Diciamo che non esiste un ottavo sigillo. Questo è un nuovo inizio, da cui il titolo dell’album. Può essere un sigillo o meno, ma è comunque qualcosa di nuovo.

Musica e cinema in questo momento della vostra carriera vanno nella stessa direzione. Il fatto di comporre musica per il cinema condiziona il formato delle canzoni?

S.S. Come anche per il caso di “Ogre’s Lullaby”, alcuni brani sono stati fatti proprio su suggerimento del regista per un determinato film. Ciò non toglie che se la canzone è bella ed è venuta bene puoi inserirla tranquillamente anche in un disco. Poi l’artista ci mette sempre del suo… anche una canzone su “commissione” ha sempre qualcosa di te stesso. Se poi rientra anche nei piani di un album, tanto meglio. Non abbiamo scelto di inserire questi brani a caso, ma perché si legavano bene al disco. Poi ad esempio, come nel caso di “The Darkest Night”, c’erano altri brani che componevano la colonna sonora ma nel disco ne abbiamo inserito solo uno; gli altri li abbiamo lasciati a parte perché non erano adatti al contesto del disco.

Una domanda sulla cover. Per la prima volta non compare il personaggio della morte ma la tua raffigurazione tiene in mano una falce. E’ un tributo?

S.S. Sì, è voluto. La Morte non c’è più ma la falce, che è lo strumento che rappresenta la Morte, rimane presente nell’iconografia, anche perché abbiamo deciso coerentemente di rimanere in cinque e non in sei: il disco l’abbiamo fatto in cinque, le chitarre le ha incise tutte Aldo (Lonobile) e anche dal vivo non sarà la prima volta che ci presentiamo in sei. Lo stesso vale per i personaggi, anche perché il personaggio della Morte era quello più astratto mentre lo zombie, il vampiro ecc sono personaggi più conosciuti. Il personaggio della Morte non fa parte dell’iconografia classica; è sempre stato un personaggio in più.

Come sei rimasto nei rapporti con Paul Chain? Alla luce degli ultimi sviluppi..

S.S. Non lo vedo da anni, so che ha rinnegato tutto quello che ha fatto; invita i suoi fans a bruciare i suoi dischi. So che si fa chiamare col suo nome vero in italiano; fa qualcosa di musica ambient in casa. Non sono proprio più in rapporti… L’unica cosa che posso dire è che è una persona molto disturbata; ha dei grossi problemi e rispetto il suo stato di salute.

Il fatto che tu abbia ripubblicato “Free Man” con il DVD del concerto che hai tenuto con lui nel 1993 come si inserisce in questa cosa?

S.S. Quel concerto mi veniva richiesto ogni anno ma i master originali erano andati persi; questo ragazzo messicano ha fatto di tutto poi per farne il DVD. Sinceramente è un operazione che non mi ha interessato più di tanto; gli ho fornito il materiale che avevo io ma chiaramente la qualità è quella che è… rovinata, amatoriale. E’ un testamento di un periodo di cui sinceramente non sento neanche tanta nostalgia però la gente lo cercava e lo trovava su Ebay a prezzi assurdi; allora tanto valeva farne una tiratura limitata ufficiale in modo che i pochi che hanno comprato il prodotto possano avere qualcosa di decente.

E per il tour?

S.S. Ci stiamo lavorando. Probabilmente ottobre-novembre perché vogliamo creare uno spettacolo tutto nuovo. Come sapete gli spettacoli dei Death SS sono molto costosi ed elaborati per cui ci stiamo lavorando molto, in modo da capire bene cosa e come proporre dal vivo. La prima data sarà quella del 16 agosto in Sicilia a Noto. Saremo gli headliner del festival e stiamo vedendo cosa portare già dello spettacolo. Tra l’altro questa data è stato il motivo che ci ha portato ad anticipare le nostre previsioni sul tour che per noi sarebbe dovuto cominciare non prima dell’autunno mentre magari potremo già proporre qualcosa a fine estate.

Steve poi parla della produzione del disco…

S.S. Questo disco è stato registrato un brano alla volta. Abbiamo registrato quindi la voce e tutti gli strumenti una canzone per volta non come spesso succede quando vengono registrate prima tutte le parti di batteria, poi di chitarra e via così. Finita la canzone si mixava e la si metteva da parte e si cominciava con una nuova canzone. Poi ovviamente prima di pubblicarle sono state leggermente tutte riviste anche perché alcune erano state registrate addirittura anni fa. E’ stato un modo di lavorare abbastanza inconsueto.
Freddy Delirio “C’è stato un lavoro di post-produzione parecchio pesante perché ogni pezzo aveva il suo sound e bisognava ricondurre ad un sound omogeneo tutti i brani, cercando di unire soprattutto i pezzi inerenti al mondo più cinematografico con quelli sul frangente esoterico. Alla fine comunque il risultato c’è stato perché le canzoni sono cambiate e sono cresciute nel tempo; sono stati apportati anche degli arrangiamenti che nelle prime stesure non erano presenti.

Parlando con un collega, ho notato una certa stratificazione di suoni nel disco…

F.D. Sì, oggi attraverso i mezzi dello studio e gli aggiornamenti tecnologici abbiamo avuto la possibilità di giocare su una quantità di tracce che già solo nel periodo di “The 7th Seal” era cosa impossibile. Ora non significa che su tutti i brani siano state utilizzate moltissime tracce. Solo su “The Song Of Adoration” siamo partiti da 140 tracce con orchestra e cinque coriste e siamo riusciti ad arrivare a 90. Poi ci sono anche pezzi minimali come “The Ogre’s Lullaby” e il suo bello è proprio che ci sono due tastiere, un violino, qualche suono d’ambiente, un basso, la chitarra e la voce; è sicuramente una situazione minimale perché doveva essere fatto così.

Da “Heavy Demons” a “The 7th Seal” solo produttori esteri, ora l’album ve lo siete prodotti voi; penso sia una grossa novità…

S.S. Sì dopo tutto questo tempo e ci siamo resi conto che non abbiamo bisogno di nessun produttore estero e che magari possiamo fare anche di meglio da soli.
F.D. Poi abbiamo avuto anche una libertà totale negli arrangiamenti; dove abbiamo voluto osare l’abbiamo fatto ad esempio con orchestra e voci femminili.

Ultimamente sta tornando un certo movimento horror rock: i Ghost che sono sulla bocca di tutti, The Devil’s Blood e Blood Ceremony. Conoscete queste band? A livello tematico, anche per quanto riguarda l’occultismo, pensate abbiano sviluppato qualcosa di nuovo e interessante?

S.S. Delle tre band che hai detto conosco solo i Ghost perché me ne aveva parlato Lee Dorrian quando li ha prodotti. Ti posso dire che il cantante della band è tesserato al nostro fan club… non dico altro. Gli altri sinceramente non li conosco. Con la parola horror poi rientrano tanti gruppi: dal black metal fino a altri generi dove ci sono riferimenti a certe tematiche indipendentemente dalla musica suonata. Noi ci definiamo più shock rock, quell’etichetta creata per definire quei gruppi che facevano anche spettacolo come Alice Cooper, Kiss e altri. Noi abbiamo sempre cercato di usare l’orrore a 360° dalla musica, all’attitudine, ai personaggi gotici. Siamo stati all’epoca i primi, ormai è una cosa sfruttatissima me ne rendo conto, ma vogliamo essere coerenti cercando comunque di evolvere. Nell’82 quando facevamo certe cose (si riferisce a un intervista svoltasi all’interno di un cimitero condotta da Beppe Riva con la band al completo mascherata) erano altri tempi. La cosa era sicuramente molto malata e morbosa. Infatti ho voluto tagliare completamente con quel periodo scrivendo “Il Negromante del Rock” per far capire perché dei minorenni facevano quello, in quel periodo in quel modo: sostanzialmente non l’aveva mai fatto nessuno, non dico che sia da imitare ma era veramente una novità. Ora se alla mia età andassi ancora nei cimiteri di notte truccato a fare le interviste sarei un coglione, ma non perché non ci credo più, ma perché sono cresciuto e crescendo si evolve; se si rimane sempre lì è preoccupante, pur comunque non rinnegando nessuna delle esperienze fatte nel passato. Ora cerco di essere più professionale.

Una parte del libro che mi è piaciuta molto è dove tu ammetti alcuni errori su certe cose, ad esempio nel tuo rapporto con gli animali. Mi ricordo ad esempio la performance del Gods of Metal del 1998(il famoso episodio della gallina): nel contesto ci stava perché shockava lo spettatore. Ma siete riusciti a shockare anche con l’orgia su “Black Mass” all’Italian Gods Of Metal. Quindi, se la cosa della gallina per ovvi motivi, non la proponete più, come pensi di poter shockare il pubblico?

S.S. Ma vedi per shockare una persona bastano poche cose; basta anche una cosa semplice dipende poi da come la fai. E’ una cosa che si deve valutare sul momento. Quella della gallina è una cosa poi di cui ho parlato perché ho voluto prenderne le distanze; purtroppo sono cose ancora ben presenti soprattutto nell’ambito black. Noi tutti siamo 5 convinti animalisti ed alcuni vegetariani e vegani. Nel libro ho voluto quindi prendere le distanze da certi fatti che sono successi all’epoca dove ero posseduto veramente. Ci sono molto altri modi per essere maligni senza dover rompere le palle agli animali indifesi. Per quanto riguarda l’orgia dell’Italian Gods of Metal, sinceramente era solo un sano divertimento orgiastico; non c’erano persone minorenni e tutti erano consenzienti.

In quattro anni, oltre ai 12 brani presenti sul disco, sicuramente la band avrà avuto modo di creare anche altri brani e altre idee. Ci sono dei pezzi non inclusi? Li pubblicherete?

S.S. Solo idee. Una volta che a qualcuno veniva un idea, cominciavamo a provarla subito ma se non funzionava al 100% non ci perdevamo neppure tempo e andavamo avanti all’idea successiva.

Ho apprezzato molto gli assoli del disco. Le parti solista di chitarra sono state sicuramente esaltate nel disco, scelta che può sembrare un po’ incompatibile con la modernità dell’album

S.S. C’è da dire che nel disco moderno classico gli assolo di chitarra sono un po’ spariti, ma c’è anche da dire che dischi tipo alla Malmsteen con assoli di chitarra interminabili rompono le scatole. Sono però del parere che se una canzone è bella, un assolo di gusto fatto da una persona che lo sappia suonare, con poche note ma giuste, allora ci sta. Per questo Aldo ha fatto un lavoro invidiabile.
Al Denoble Penso che nella carriera dei Death SS, anche prima che mi unissi alla band, penso che ci siano sempre stati dei brani con degli assoli importanti, penso quindi che sia da sempre parte integrante del sound della band, vedi brani come “Horrible Eyes” o di “Terror” o “Vampire”.

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